Il TFR emesso da un’organizzazione residente in Italia è imponibile esclusivamente in Italia, al di là della residenza fiscale del lavoratore. Se questo nell’arco della sua carriera ha lavorato in diversi Paesi, l’imponibilità del TFR è pro quota in relazione agli Stati dove ha svolto la sua professione.

Il TFR è quella parte di retribuzione che viene “messa da parte” a favore del dipendente dalla propria azienda e che verrà versata al collaboratore al momento dell’estinsione del rapporto di lavoro. Nel caso delle multinazionali il lavoratore si può trovare nella condizione di effettuare dei periodi di mobilità in branch estere del gruppo, che possono significare anche periodi di aspettativa in Italia. Capire in questi casi a quale tassazione è sottoposto il TFR appare molto importante.

In Italia il TFR, come sancito dall’art. 2120 del CC, è un credito del lavoratore che sorge al momento della conclusione del rapporto di lavoro. Il TFR ha, quindi, una doppia funzione: retributiva e previdenziale. Il suo calcolo si ottiene sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5.

Gli importi accantonati sono indicizzati al 31 dicembre di ogni anno con l’applicazione di un tasso

costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo (ISTAT).

Il lavoratore con almeno 8 anni di servizio può chiedere un anticipo del TFR, che non può essere superiore al 70% della cifra spettante. La richiesta dei lavoratori può avvenire se vengono realizzate le seguenti cause:

  • Spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalla competenti strutture

pubbliche

  • Acquisto della prima casa per se’ o per i figli
  • Spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali

Dagli anni ’90 il trattamento di fine rapporto è stato collegato alle forme di risparmio previdenziale e all’introduzione dei fondi di previdenza complementare. Il D.Lgs n. 252/2005 ha stabilito che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro e del committente e anche attraverso il conferimento del trattamento di fine rapporto maturato. I lavoratori dipendenti di aziende private che non hanno esplicitamente dichiarato di voler accantonare il trattamento di fine rapporto presso la propria azienda vedranno automaticamente destinate quelle quote ai fondi pensionistici.

Per le aziende con più di 50 dipendenti l’accantonamento annuale è fatto confluire all’interno

del Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato. Il fondo è gestito

dall’INPS su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato e garantisce ai

lavoratori privati l’erogazione dei trattamenti di fine rapporto;

Per le aziende con meno di 50 dipendenti, l’accantonamento è, come in passato, svolto in azienda e gestito ed erogato dal datore di lavoro.

TFR transnazionale

In base alla Circolare n. 95 del 18 ottobre 1977 del Ministero dell’Economia viene stabilito che il TFR deve essere assoggettato ad imposizione in Italia in tutte le ipotesi di corresponsione da parte di un soggetto residente nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio dello stesso di soggetti non residenti (ex art. 23, comma 2, lettera a) del TUIR). In questo caso il criterio di collegamento del reddito è dato dalla residenza fiscale italiana dell’ente erogatore. Questo, indipendentemente, dalla residenza fiscale del lavoratore percettore, il quale deve dichiarare il reddito in Italia:

  • quando sia fiscalmente residente in Italia, ex art. 3 del TUIR;
  • quando sia fiscalmente residente all’estero in base all’ art. 23 del TUIR, che ricollega l’imponibilità in Italia alla residenza dell’ente erogante.

Ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettera a), del TUIR il trattamento di fine rapporto e le indennità equipollenti sono tassati secondo il meccanismo della tassazione separata, anche nei confronti del soggetto percettore non residente in Italia.

Alcuni orientamenti della Cassazione però sono differenti. Ad esempio la sentenza n. 26438 del 4

novembre 2008 prevede un criterio di collegamento per analogia. Poichè il reddito ordinario all’estero, percepito dal lavoratore non residente in Italia, non è imponibile in Italia, neanche le quote di TFR maturate devono essere imponibili in Italia.

Una volta specificata la normativa fiscale nazionale occorre studiare quanto deciso dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia.

Il riferimento per il TFR è l’art. 14, par. 4 Modello Convenzione OCSE-TFR secondo cui: “Le indennità di fine rapporto sono imponibili soltanto nello Stato contraente in cui la persona risiedeva durante l’attività dipendente. Questo a meno che l’altro Stato contraente, in cui l’attività dipendente era svolta, avesse diritti di imposizione in conformità con i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 15. In questo caso, tale indennità di fine rapporto è ripartita su base proporzionale tra gli Stati contraenti in cui l’attività è stata svolta nel periodo cui si riferisce il pagamento dell’indennità di fine rapporto

Generalmente la posizione indicata nella Convenzioni sottolinea l’orientamento espresso dall’Amministrazione finanziaria nelle Risoluzioni n. 61/E/2013 e n. 341/E/2008, in base alla quale si stabilisce oltre alla potestà impositiva esclusiva dello Stato contraente dove la persona è stata residente nel periodo in cui ha svolto attività di lavoro subordinato, una ripartizione pro-rata tra gli Stati contraenti qualora l’altro Stato abbia avuto diritti impositivi relativi alla tassazione dei redditi da lavoro dipendente.

E’ necessario distinguere i periodi in cui l’attività si è svolta in Italia da quelli in cui l’attività è stata svolta in un Paese estero. La parte di trattamento di fine rapporto maturata nel periodo di lavoro svolto in Italia deve essere assoggettata a tassazione, ratione temporis, italiana. Il Paese estero avrà un diritto impositivo per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto riferibile agli anni di lavoro prestato in tale Stato estero, e ivi assoggettabile ad imposizione, sempre ratione temporis.

A livello di singole convenzioni, è interessante notare come il trattamento di fine rapporto non goda, solitamente, di autonoma disciplina, e quindi di un articolo dedicato. Unica eccezione la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Stati Uniti nell’ambito dell’articolo 18 (“Pensioni, eccetera”). Norma che stabilisce un diritto impositivo esclusivo nel Paese di residenza del beneficiario.

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